sabato 21 marzo 2009
Dom. Réginald Grégoire O.S.B., Dalla storia passata alla storia futura, per una nuova Europa
Un progetto, un ideale, una attesa, una utopia, una profezia: l'Europa sarà nuova in quanto accetterà il cristianesimo, cioè il riferimento al Dio incarnato, all'Eterno assoluto. Il momento attuale è propizio per stimolare gli Europei (o per lo meno tanti europei) a respingere l'apostasia e la non-cristianità del continente. Come si presenterebbe un'Europa senza cristianesimo nella presente fase evolutiva? Certo, l'Europa non vive di immagini di un passato solo accettato, ma essa sarà o no capace di scoprire nella drammatica immanenza del presente un ruolo specifico nella liberazione dell'uomo e nell'evoluzione del creato? O si dovrà giudicare tutto e preparare il futuro, escludendo questa Europa stanca e invecchiata, conservandone tuttavia i valori universali di civiltà e di fede che l'hanno sempre aiutata a ritrovare pace e vigore?
La soluzione di tali problemi è ardua; san Benedetto non li avrà probabilmente mai sognati, perché nel suo tempo, che è il V-VI secolo, il cristianesimo non si era compromesso con la situazione storica. E' fuorviante asserire che il monachesimo sia nato e si sia sviluppato come atteggiamento di contestazione e di rifiuto nei confronti di una Chiesa "costantiniana" e "teodosiana". Altre erano allora le responsabilità, altre sono le nostre; altre saranno quelle dei nostri successori.
L'Europa non è un mito conclusivo, un fine ideale o reale; ciò che invece e definitivo è una civiltà elaborata sul Vangelo, in cui la presenza cristiana nel concreto storico insisterà sui diritti dell'uomo e sulla giustizia (ciò significa anche corresponsabilità nello sviluppo planetario). Il monastero era una "piccola società ideale", nel senso dell'indipendenza di quella struttura comunitaria, in cui ogni persona era perfettamente integrata In quel senso, san Benedetto ha meritato davvero di essere guida e patrono dell'Europa nuova, senza mai aver sollecitato quella responsabilità e quel destino...
Oggi è in discussione il ruolo storico del cristianesimo nella civiltà europea, e non solo quello del monachesimo. Non è data per scontata l'esistenza di punti di riferimento culturali ancora validi attualmente, come lo furono verso l'XI secolo. In quell'epoca, l'Europa si trovò (e si sentì) cristiana, e un Papato energico riusciva a stringere rapporti tra tutte le Chiese occidentali, delle quali rispettò le peculiarità: strutturali. Le grandi università poi - la prima università "statale" è creata da Federico II a Napoli, nel 1224 - organizzano il sapere. Il sistema comunale democratico e libero riprende anche il modello delle assemblee monastiche; nasce una economia cristiana che respinge l'usura. In tutti i settori esistenziali, il cristianesimo è entrato; il volto dell'Europa non è più "latino" o occidentale, bensì cristiano. E lo sarà più tardi ancora, per esempio, quando sarà avvertita l'urgenza della questione sociale, nel secolo XIX.
Non si tratta di scegliere semplicemente tra paganesimo e cristianesimo, o tra Vangelo e Corano; ma l'unico dilemma è rintracciato nel bivio: Cristo o l'indifferenza. Si sceglierà pertanto l'universalismo, come l'Europa non è europeistica, ma universale. San Benedetto è anteriore a tutte le fratture ecclesiali, ecclesiologiche e dommatiche, culturali e politiche. La Regola non accenna a situazioni politiche e religiose, culturali e filosofiche. Ma il suo pensiero presenta un'etica cristiana e sviluppa un progetto di uomo sociale", non di "uomo-isola"; allora anche l'Europa nuova respingerà il nichilismo collettivista, che degrada l'uomo a mezzo e non rispetta la sua identità di fine.
Secondo la Regola, la società significa comunione e corresponsabilità, simultaneità della crescita personale e dello sviluppo comunitario. Gli "strumenti delle buone opere" (cap. 4) insegnano un massimo di libertà nel rispetto di tutti e di tutto; e questa personalizzazione è diametralmente opposta allo sfruttamento e alle disuguaglianze, perché crea comunicazione e integrazione, senza distinzione di razze, di culture, di ruoli, di appartenenza sociale ed economica. Benedetto aveva ideato nella Regola un progetto che è stato vissuto e applicato laddove è arrivato il suo monachesimo. Il modello di società cristiana è la comunità, l'essere insieme. Questo cristianesimo, che è una fede, non si è mai identificato con un cristianesimo-umanesimo, perché il Vangelo non trasmette una cultura, bensì una fede. Questa fede è personale, ma questa morale non insegna l'individualismo. [...]L'Europa nuova sarà un'Europa libera; la libertà non è un regalo, è un dovere e un diritto che non ammette condizionamenti ideologici. Con il Vangelo, san Benedetto vuole uomini liberi e semplici, accoglienti e disponibili. I suoi riferimenti dottrinali e teologici sono i Padri della Chiesa (cap. 73), cioè quegli scrittori che hanno accolto tutto il pensiero filosofico e scientifico accumulato dal tardo Impero e dalla civiltà greco-romana, e l'hanno incorporato nella interpretazione della Verità rivelata e incarnata, cioè del Dio manifestato nella Parola e comunicato nei sacramenti. L'orizzonte della storia è una pienezza; il prologo della Regola benedettina insiste nel proclamare la conclusione - la Risurrezione, il Regno - attraverso la Croce, cioè l'umiltà e l'obbedienza o, se si preferisce, la disponibilità e la gratuità. E' il pensiero di san Paolo che riconosceva l'evoluzione universale verso una totalità, cioè verso il "pleroma" (Ef. 1). Infine, questa Europa nuova dimostrerà la capacità del pluralismo, che ammette la pluralità: non nel senso della convivenza o connivenza tra verità e errore, tra giustizia e ingiustizia, e altri contrasti analoghi, ma nella proclamazione di una unità di morale e di speranza, nel servizio e nella sussidiarietà. La quarantunesima Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Roma dal 2 al 5 aprile 1991, ha realizzato un esame di una problematica importante nella presente fase storica: "I cattolici italiani e la nuova giovinezza dell'Europa". In particolare si chiede di porre attenzione agli aspetti religiosi del "problema Europa", all'esigenza di un ricentramento evangelico; e si conclude: "Il nostro sforzo comune è orientato all'elaborazione di una nuova pedagogia di trasmissione della visione evangelica della vita, affinché questa penetri e fermenti, liberi e potenzi ogni esperienza umana".
© 1992, Estratto dal libro San Benedetto dal passato al futuro dell'Europa, Seregno, Abbazia San Benedetto, 1992
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