lunedì 23 marzo 2009
Discorso di papa Benedetto XVI alla Comunità di Tor de' Specchi nella festa di Santa Francesca Romana, oblata olivetana
Care Sorelle Oblate!
Con grande gioia, dopo la visita al vicino Campidoglio, vengo ad incontrarvi in questo storico monastero di santa Francesca Romana, mentre ancora è in corso il quarto centenario della sua canonizzazione avvenuta il 29 maggio del 1608. Proprio oggi, poi, cade la festa di questa grande Santa, nel ricordo della data della sua nascita al cielo. Sono dunque particolarmente grato al Signore di poter rendere questo omaggio alla “più romana delle Sante”, in felice successione con l’incontro che ho avuto con gli Amministratori nella sede del governo cittadino. Nel rivolgere il mio saluto cordiale alla vostra comunità, e in particolare alla Presidente, Madre Maria Camilla Rea – che ringrazio per le cortesi parole con cui ha interpretato i comuni sentimenti – lo estendo al Vescovo Ausiliare Mons. Ernesto Mandara, alle studentesse ospiti e a tutti i presenti.
Come sapete, sono reduce con i miei collaboratori della Curia Romana dagli Esercizi spirituali, che coincidono con la prima settimana di Quaresima. In questi giorni ho sperimentato ancora una volta quanto siano indispensabili il silenzio e la preghiera. E ho pensato anche a santa Francesca Romana, alla sua totale dedizione a Dio e al prossimo, da cui è scaturita l’esperienza di vita comunitaria qui, a Tor de’ Specchi. Contemplazione e azione, preghiera e servizio di carità, ideale monastico e impegno sociale: tutto questo ha trovato qui un “laboratorio” ricco di frutti, in stretto legame con i monaci Olivetani di Santa Maria Nova. Il vero motore però di quanto qui si è compiuto nel corso del tempo è stato il cuore di Francesca, nel quale lo Spirito Santo riversò i suoi doni spirituali e al tempo stesso suscitò tante iniziative di bene.
Il vostro monastero si trova nel cuore della città. Come non vedere in questo quasi il simbolo della necessità di riportare al centro della convivenza civile la dimensione spirituale, per dare senso pieno alle molteplici attività dell’essere umano? Proprio in questa prospettiva, la vostra comunità, insieme con tutte le altre comunità di vita contemplativa, è chiamata ad essere una sorta di “polmone” spirituale della società, perché a tutto il fare, a tutto l’attivismo di una città non venga a mancare il “respiro” spirituale, il riferimento a Dio e al suo disegno di salvezza. È questo il servizio che rendono in particolare i monasteri, luoghi di silenzio e di meditazione della Parola divina, luoghi dove ci si preoccupa di tenere sempre la terra aperta verso il cielo. Il vostro monastero, poi, ha una sua peculiarità, che naturalmente riflette il carisma di santa Francesca Romana. Qui si vive un singolare equilibrio tra vita religiosa e vita laicale, tra vita nel mondo e fuori dal mondo. Un modello che non è nato sulla carta, ma nell’esperienza concreta di una giovane romana: scritto – si direbbe – da Dio stesso nell’esistenza straordinaria di Francesca, nella sua storia di bambina, di adolescente, di giovanissima sposa e madre, di donna matura, conquistata da Gesù Cristo, come direbbe san Paolo. Non per nulla le pareti di questi ambienti sono decorate da immagini della vita di lei, a dimostrare che il vero edificio che Dio ama costruire è la vita dei santi.
Anche ai nostri giorni, Roma ha bisogno di donne – e naturalmente anche di uomini, ma qui voglio sottolineare la dimensione femminile – donne, dicevo, tutte di Dio e tutte del prossimo; donne capaci di raccoglimento e di servizio generoso e discreto; donne che sanno obbedire ai Pastori, ma anche sostenerli e stimolarli con i loro suggerimenti, maturati nel colloquio con Cristo e nell’esperienza diretta sul campo della carità, dell’assistenza ai malati, agli emarginati, ai minori in difficoltà. E’ il dono di una maternità che fa tutt’uno con l’oblazione religiosa, sul modello di Maria Santissima. Pensiamo al mistero della Visitazione: Maria dopo aver concepito nel cuore e nella carne il Verbo di Dio, subito si mette in cammino per andare ad aiutare l’anziana parente Elisabetta. Il cuore di Maria è il chiostro dove la Parola continua a parlare nel silenzio, e al tempo stesso è la fornace di una carità che spinge a gesti coraggiosi, come pure a una condivisione perseverante e nascosta.
Care Sorelle! Grazie della preghiera con cui accompagnate sempre il ministero del Successore di Pietro, e grazie per la vostra presenza preziosa nel cuore di Roma. Vi auguro di sperimentare ogni giorno la gioia di non anteporre nulla all’amore di Cristo, un motto che abbiamo ereditato da san Benedetto, ma che ben rispecchia la spiritualità dell’apostolo Paolo, da voi venerato quale patrono della vostra Congregazione. A voi, ai monaci Olivetani e a tutti i presenti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
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